Brand naming, tecniche per trovare nomi perfetti
Dare un nome a qualcuno o a qualcosa. Se ci pensi, prima o poi, dobbiamo farlo tutti. Che divertimento! O… che fatica?
Quando dobbiamo trovare un nome per una società o un prodotto – insomma progetti più grandi di noi, che andranno a coinvolgere anche altre persone – già, le cose si complicano. La scelta dev’essere ben ponderata e tener conto di moltissimi elementi.
È arrivato il momento di approfondire l’argomento, insieme.
Per l’occasione abbiamo riordinato gli appunti di una lezione molto interessante sul brand naming, a cura di Béatrice Ferrari (anche autrice del libro Il nome della marca: creazione e strategia di naming), inserita nel programma del corso Copy42 ADV 2018 di Pennamontata. Curioso?
Che cos’è il brand naming?
Andiamo subito al nocciolo della questione. Partiamo proprio dalla parola composta, di origine inglese: brand naming. Brand, in italiano marca, e naming, dal verbo to name – nominare, dare un nome.
Ecco che cosa significa brand naming: l’insieme di tutte le attività necessarie per trovare nomi che facciano vendere. Nomi commerciali per piccole e grandi società, ma anche di singoli prodotti o servizi.
Per fare brand naming bisogna concentrarsi solo sull’aspetto verbale della marca, prendendo in considerazione tutto ciò che riguarda la definizione di un nome commerciale. Per lavorare in modo corretto e impeccabile, è importante conoscere queste tre discipline:
1. la semiologia (la disciplina che studia i segni) e la linguistica
2. il marketing
3. la proprietà intellettuale (le leggi che tutelano l’inventiva e la creatività)
Riuscirai a trovare il nome ideale per il tuo progetto? Studiando il processo nel dettaglio – ti spieghiamo come in questo post! -, e supportando la fase creativa con adeguate ricerche, avrai sicuramente idee valide. Prima però dobbiamo approfondire insieme il concetto di brand name, così da procedere senza esitazioni.
Brand name: definizione
Il brand name, il nome della marca, è il fine ultimo delle attività di brand naming. Serve a “dare un’identità, a evocare i valori di un’azienda, a generare una sensazione, a rendere un’azienda o un prodotto riconoscibile, unico, memorabile e ripetibile” (appunti dal corso Copy42 PRO 2018). Se ci pensi, infatti, i nomi evocano immagini, sensazioni ed emozioni del tutto diverse.
Ti sei mai chiesto perché? C’entra la fonetica. I nomi sono parole formate da lettere che, pronunciate singolarmente o una accanto all’altra, danno origine a suoni particolari. I suoni di vocali e consonanti trasmettono significati precisi in tutte le lingue: ad esempio la “A” apertura e accoglienza, la “U” al contrario chiusura, la “C” durezza, la “M” affetto e amore. I nomi sono prima di tutto fonetici.
Il brand name è una parola – con determinate caratteristiche fonetiche – diventata nome, attorno alla quale poi viene costruito un mondo, un’esperienza. Il nome supportato da una strategia di comunicazione diventa brand name, altrimenti resta solo una parola.
Il nome è primario ed essenziale per la marca (o la società, il prodotto o servizio): una marca non può esistere senza nome. Il nome è l’inizio della storia di un successo, il nome è la memoria della marca. Il nome dura nel tempo – pensa a nomi come Barilla o Fiat; il brand name è la sintesi perennemente attualizzata della marca.
A questo punto, forse, ti stai domandando se i brand name sono tutti uguali, o se esiste un modo per selezionare quelli più forti per il tuo mercato di riferimento. Bella domanda: rispondiamo facendo la prima distinzione.
Brand name descrittivo vs brand name distintivo
Pensa ai brand name descrittivi che conosci. A noi vengono in mente Scarpe&Scarpe, Poste Italiane, MediaWorld. Brand name distintivi, invece? Adidas, Calzedonia oppure Audi. I primi descrivono il prodotto che rappresentano, i secondi invece sono parole che non esistono sul dizionario.
Immagina di posizionarli su una linea con due estremità: da una parte il carattere generico, dall’altra il distintivo. Ciascun brand name occuperebbe una precisa posizione. Da una parte ci sono i nomi descrittivi, vicini al carattere generico, dall’altra i nomi distintivi che richiamano diversi universi semantici.
Quali sono i più forti? Mettiamoli a confronto.
I nomi descrittivi:
– denotano scarsa personalità
– hanno bisogno di un budget da spendere in comunicazione per emergere
– sono meno tutelabili dal punto di vista legale
– fanno correre il rischio di perdere il diritto, se diventano di uso comune
I nomi distintivi:
– hanno un forte impatto
– possono essere resi memorabili con la comunicazione
– sono più tutelabili legalmente
Non a caso i principali brand name di successo a livello mondiale sono distintivi, non descrittivi. Descrivere limita e impedisce al nome di evolvere nel tempo. È anche vero che in ottica strategica un’azienda può decidere di puntare su un nome descrittivo.
Ad ogni modo quando ti occupi di brand naming ricorda sempre che il significato del nome è abbastanza irrilevante; la maggior parte delle persone non sa, o non si ricorda, il significato del nome della marca. Quello che conta davvero è il mondo di valori che la marca riesce ad evocare grazie al nome, attraverso la comunicazione.
LEGGI ANCHE: Brand identity: che cos’è e come si definisce
Brand name, logo e payoff
Quando nasce un’impresa, o un prodotto, tutto parte dal nome. Ricordi? L’abbiamo sottolineato poco fa: il nome è l’inizio della storia. Tutto parte da lì, poi arrivano anche il logo – figura che tratta il brand name con elementi grafici – e il payoff, formula sintetica ed espressiva che completa il nome.
Vai a curiosare sulla pagina Instagram di Synesia Brand Naming per scoprire tutte le storie dietro ai brand name più famosi.
Non fare l’errore di pensare che la marca possa esistere senza nome. Non è così. I grafici fanno un lavoro importante sul logo, è vero, ma sei tu in primis con la scelta del nome che dai vita alla marca. Il nome ha una forza discreta e assoluta, senza nemmeno assolvere al compito di descrivere (la descrizione è in parte compito del payoff).
Come si fa brand naming?
Ora che sai di più sul brand naming, passiamo alla fase operativa.
Innanzitutto la tua brand naming strategy deve tener conto dei sette compiti principali del brand name; preparati a trovare un nome capace di soddisfare questi requisiti:
1. identificare la proposta commerciale dell’azienda
2. differenziare rispetto alla concorrenza
3. personalizzare l’offerta aziendale in modo univoco
4. comunicare con il pubblico creando una relazione
5. fidelizzare il cliente
6. proteggere dalla contraffazione
7. capitalizzare l’investimento fatto nel marchio
Prima di buttarti a capofitto nel brainstorming creativo, devi interiorizzare i sette compiti del brand name. Devi essere consapevole che la creatività è fondamentale, e allo stesso tempo “costretta” entro confini invalicabili.
LEGGI ANCHE: Come trovare il giusto tone of voice per la tua azienda
Metodi per scegliere il brand name
Hai mai sentito parlare di Naming Circle? Si tratta di un modello schematico che non lascia nulla al caso nella generazione di proposte diverse di brand name.
Il Naming Circle prevede che, insieme alla creatività, scendano in campo tre aspetti essenziali: la linguistica, il marketing e la proprietà individuale – sì, ricordi bene: li abbiamo elencati anche nel paragrafo iniziale dell’articolo. Vediamoli uno ad uno.
Linguistica
L’approccio linguistico permette di valutare le idee di brand name in base alla pronunciabilità, memorabilità ed esportabilità del nome.
Il nome in esame deve essere facile da pronunciare per non allontanare il consumatore, o il pubblico di riferimento; inoltre la sua lettura deve essere verificata anche per similitudine rispetto ad altri nomi, nei mercati dove potrebbe essere esportato.
Infine il nome deve essere facile da ricordare.
Ok, ti consigliamo di preparare una lista di controllo da spuntare man mano che procedi con la verifica.
Marketing
Le proposte di brand name acquistano valore se tengono conto del marketing ed in particolare dell’identità di marca (brand identity). Questo approccio mette in evidenza la coerenza dei nomi con il posizionamento della marca – o del prodotto -, la filosofia aziendale, il pubblico e il settore di riferimento.
Non cadere nella trappola di proporre nomi legati alle mode del momento, al contrario fai un’accurata analisi della personalità di marca per capire in che direzione sta andando e trovare idee in grado di adattarsi all’evoluzione dei mercati. Un nome sbagliato può essere molto costoso: può limitare le vendite ed è complicato da cambiare.
Proprietà intellettuale
Ciascuna proposta di brand name dev’essere prima verificata e poi protetta legalmente.
Il nome di marca dev’essere libero, originale e difendibile: esistono dei siti web liberi (www.ufficio-brevetti.it o www.registrailtuomarchio.it) dove è possibile fare una ricerca preliminare, anche attraverso un match con la classi merceologiche di appartenenza – le classi di prodotti sono in tutto 34, le classi di servizi 11 (settore terziario).
È bene sapere che soltanto i marchi “notori”, ad esempio Champagne, prevalgono su tutte le categorie merceologiche anche se non sono legalmente registrati e protetti in tutte le classi di prodotti e servizi.
L’approccio giuridico nella scelta di un nome prevede anche altri accorgimenti da non trascurare. Il marchio non dev’essere ingannevole rispetto a ciò che rappresenta, ovvero non può dichiarare cose false; il marchio dev’essere lecito e non può utilizzare parole offensive sul mercato del prodotto.
Assicurati che i nomi da te ideati possano essere protetti, soprattutto perché appartenenti ad un solo proprietario. Fai una ricerca approfondita all’interno delle classi merceologiche, presenta soltanto proposte di brand name effettivamente difendibili.
Per concludere ti mettiamo a disposizione uno schema utile suddiviso in quattro passaggi, che presenta una tecnica pratica per generare un nome di marca.
La tecnica DESC, illustrata da Béatrice Ferrari di Synesia, è preziosa per lavorare sull’aspetto verbale e trovare nomi svestiti di grafica e logo.
Si sviluppa in quattro fasi.
1. Definire, chiarire il bisogno. Che cosa deve esprimere il nome e come lo deve esprimere? Bisogna chiarire questi aspetti già durante la prima riunione.
2. Esplorare in creatività. Creazione e selezione sono incompatibili: in questa fase la mente deve essere libera di “viaggiare” senza valutare. Sinonimi, neologismi, nomi di fantasia vanno esplorati in gruppo o individualmente, anche servendosi di supporti informatici.
3. Selezionare. Quali sono le proposte migliori emerse durante la fase creativa? La scrematura dei nomi deve basarsi sui criteri di linguistica e di marketing.
4. Controllare. Le ricerche legali concludono il processo: la verifica va effettuata sulle (almeno) cinque proposte più forti, supportata anche da un’indagine con i consumatori. Non serve a nulla presentare idee di brand name non verificati legalmente.