Brand activism: cos’è l’attivismo di marca?
Negli ultimi anni, si è fatto sempre più strada un fenomeno che vede le aziende prendere posizione su questioni sociali, politiche ed ambientali: il brand activism o attivismo della marca.
Questo approccio ha l’obiettivo di creare un impatto positivo nella società e allo stesso tempo rafforzare il brand.
Tuttavia è bene conoscere al meglio il brand activism, in modo che le dinamiche e le potenziali insidie non vadano a compromettere proprio la credibilità e l’autenticità della marca.
Anche le migliori intenzioni, se gestite male, possono risultare nel peggiore dei modi.
Che cos’è il brand activism?
L’attivismo della marca, o brand activism, è l’impegno dell’azienda a prendere una posizione chiara e pubblica su questioni sociali, ambientali o politiche.
Se è vero che può rappresentare un modello di business è anche vero che va oltre la semplice responsabilità sociale d’impresa (CSR), poiché l’azienda che decide di perseguire questo cammino si impegna attivamente a influenzare cambiamenti positivi nella società.
Campagne di sensibilizzazione, donazioni a cause importanti, modifiche nelle pratiche aziendali per sostenere valori etici sono tutti aspetti che possono realizzare il brand activism; perché è proprio di questo che si tratta: passare dai propositi (brand purpose) all’azione.
In un mondo sempre più consapevole e interconnesso, i consumatori apprezzano e cercano marchi che riflettano i loro valori personali, rendendo l’attivismo della marca una strategia potente per costruire fiducia e lealtà.
Qual è lo scopo del brand activism?
Anche se lo abbiamo già espresso, è bene soffermarsi per un attimo su questo aspetto, proprio per assicurarci che non si cada in errore.
Quando si adotta il brand activism, un’azienda si prende una bella fetta di responsabilità verso i valori che promuove e le cause che sostiene. E per farlo mette in campo la propria reputazione e le proprie risorse.
È chiaro che questo tipo di attivismo si propone di migliorare l’immagine dell’azienda, sensibilizzare il pubblico su tematiche importanti, stimolare il cambiamento sociale e costruire una forte connessione emotiva con i consumatori.
Ma non bisogna dimenticare che, da quel momento in poi, il pubblico percepirà il brand come attore impegnato in prima linea. Dunque, la decisione di fare brand activism non va presa alla leggera, ma con piena consapevolezza di ciò a cui si va incontro.
Definizioni: brand activism progressivo e regressivo
L’attivismo di brand non è sempre uguale. Sia perché può essere declinato su valori e azioni differenti da ogni azienda, sia perché può essere di due tipi:
- brand activism progressivo; si riferisce a quelle iniziative e campagne che mirano a promuovere cambiamenti sociali, ambientali ed economici positivi. Rientrano in questa categoria i brand che, ad esempio, adottano posizioni su questioni come la sostenibilità, i diritti umani e l’equità sociale,
- brand activism regressivo; lavora in modo opposto al brand activism progressivo, dunque si caratterizza per posizioni e iniziative che resistono al cambiamento o che mirano a mantenere lo status quo. Questo tipo di attivismo può includere la difesa di pratiche tradizionali.
In altre parole, mentre il brand activism progressivo spinge verso l’innovazione e il progresso, quello regressivo tende a preservare le tradizioni e a resistere ai cambiamenti sociali.
Dietro entrambi i casi, però, deve esserci una forte convinzione e una salda presa di posizione.
Brand activism: pro e contro
Abbiamo già accennato a quanto di positivo può portare a un’azienda il brand activism e a quanto, d’altro canto, può risultare pericoloso.
Questo perché, l’attivismo di marca aiuta a:
- creare un legame più profondo e autentico con i consumatori
- connettersi con nuove persone che condividono le stesse idee
- raggiungere un maggiore grado di fidelizzazione
- ottenere un aumento della reputazione positiva
- risultare più forti rispetto alla concorrenza.
Tuttavia, ci sono anche svantaggi significativi:
- prendere posizione può allontanare una parte della clientela che non condivide le stesse opinioni
- se non gestito correttamente può sembrare un’operazione di pura facciata
- richiede un coinvolgimento autentico
- esige un impegno continuo per portare avanti la propria idea
- potrebbe danneggiare seriamente l’immagine aziendale, se non curato a dovere.
Insomma, fare brand activism è un impegno concreto.
Come funziona il brand activism?
Nel contesto attuale, i consumatori cercano e supportano brand che rispecchiano i loro valori personali.
Quindi, le parole d’ordine sono: azioni concrete. In particolare: azioni concrete per promuovere il cambiamento.
Cosa significa questo per un’azienda che vuole fare brand activism? Guardiamo tutti gli step da affrontare per implementare il brand activism in modo efficace.
1. Identificazione delle cause rilevanti
Le aziende devono scegliere cause che siano rilevanti per il proprio settore e che risuonino con il pubblico di riferimento.
Ecco qualche esempio:
- questioni sociali come l’uguaglianza di genere, i diritti umani e l’inclusione
- cause ambientali come la sostenibilità, la riduzione delle emissioni di carbonio e la conservazione delle risorse naturali
- aspetti politici come la trasparenza governativa e le politiche di immigrazione.
Ovviamente, è possibile prendere parte anche ad altre cause specifiche per il brand, così come appoggiare più di una tematica allo stesso tempo.
2. Allineamento con i brand values
Una volta identificate le cause, è fondamentale assicurarsi che esse siano allineate con i valori del brand e anche con la mission aziendale.
Questo garantirà coerenza e autenticità nelle azioni intraprese. Come sempre i valori sono alla base di ogni decisione e fanno da collante a tutto ciò che riguarda un’azienda.
3. Sviluppo di azioni concrete
Le parole devono essere supportate da azioni concrete, lo abbiamo già ribadito. Queste azioni devono risultare chiare, effettive e soprattutto utili alla causa.
La scelta su come muoversi è davvero ampia; puoi optare per:
- campagne di sensibilizzazione per educare e informare il pubblico
- collaborazioni con organizzazioni no-profit
- donazioni e sponsorizzazioni di enti specifici legati alla causa
- modifiche aziendali operative, come l’adozione di pratiche sostenibili o la creazione di politiche interne per promuovere l’inclusione.
Il modo in cui dimostrerai il tuo impegno nel brand activism può coinvolgere più iniziative e può essere determinato in base alla tipologia di causa e di business.
4. Comunicazione trasparente
La comunicazione è essenziale. Condividere i progressi, gli obiettivi raggiunti, le sfide affrontate e l’impatto delle proprie iniziative è cruciale; ti aiuterà a costruire una relazione di fiducia e credibilità con il pubblico.
Utilizza i canali social, il sito web aziendale e i comunicati stampa per mantenere il pubblico aggiornato.
Una raccomandazione: sii sincero! Se sorgono problemi, se non si arriva alla meta stabilita o se si verifica qualche errore, non provare a insabbiare le cose. Dichiara apertamente ciò che succede e come intendi procedere, poi segui quanto detto.
5. Coinvolgimento del pubblico
Incoraggiare la partecipazione attiva dei consumatori attraverso campagne interattive, sondaggi e discussioni sui social media è sempre una buona idea. Questo non solo accresce il coinvolgimento, ma offre anche preziosi feedback.
Esempi di brand activism
Adesso che conosci i concetti e le fasi che stanno alla base di un buon brand activism, puoi iniziare a metterti in gioco anche tu.
Scegli le tue cause e butta giù le prime idee. Per aiutare la tua creatività, puoi lasciarti ispirare dai grandi marchi che si dedicano già al brand activism.
Coca-Cola e il riciclo
Non è la prima volta per Coca-Cola. Negli anni ci ha abituato a farsi portavoce delle cause ambientali. Anche noi ne abbiamo parlato tempo fa, in riferimento alla sua campagna Second life, dedicata al problema dei rifiuti di plastica.
Cosa si è inventata questa volta? La bibita più famosa del mondo ha annunciato una nuova campagna, Recycle me, destinata inizialmente a Brasile e Argentina, per incoraggiare i consumatori a far diventare la differenziata una pratica quotidiana.
Proprio come si schiaccia una lattina quando va differenziata e poi riciclata, Coca Cola ha schiacciato il suo logo. Semplice. Concreto. Memorabile.
Ichnusa e l’ambiente
Con la stessa intenzione di sostenere la causa ambientale e fare attenzione ai rifiuti, ma con altre modalità, si è cimentata anche la più nostrana Ichnusa, collaborando con Legambiente, e sfornando uno slogan che non lascia adito a dubbi: “Se deve finire così non beveteci nemmeno”.
Insomma, il messaggio è chiarissimo: meglio perdere clienti, piuttosto che vedere le bottiglie di vetro lungo le strade, sulle spiagge o in qualsiasi altro posto.
Volkswagen e la guida sicura
Si chiama Trucker Napp ed è la nuova campagna di Volkswagen, dedicata al Brasile, che ha l’obiettivo di migliorare la sicurezza stradale.
In particolare, ci si rivolge ai camionisti, costretti a guidare per molte ore e su lunghi percorsi. Tramite una app, legata a smartwatch, la frequenza, la durata e la qualità del sonno dei camionisti viene monitorata e, in base ai risultati, premiata.
A seconda delle soste, quindi, è possibile accumulare punti che danno diritto a prodotti, viaggi o anche esperienze e denaro.
Il progetto è ancora in fase di test, ma quello che è sicuro è che la nota marca di automobili tedesca è più che sensibile al problema degli incidenti e più che attiva nel tentare di diminuirne il numero.
Il brand activism è un potente strumento, anche per la tua azienda. Assumendo una posizione chiara su questioni rilevanti, e agendo di conseguenza, potrai migliorare la reputazione e migliorare la società. Non dimenticare, però, che non si tratta di una moda, ma di una presa di responsabilità.